Clamoroso incontro fra finzione e attualità L'uomo di ferro è infinitamente più debitore di questa che di quella. In questo stanno i suoi meriti, ma anche i suoi limiti.
Tanto L'uomo di marmo era pensato e ragionato, altrettanto questo è basato sull'adesione emotiva dello spettatore.Per ottenere ciò Wajda non si è limitato a mescolare (in modo quasi inedito e sicuramente abilissimo) le immagini dell'attualità, che abbiamo appena visto sui televisori con quelle di una finzione che organizza appena quelle immagini. Ma ha conferito, soprattutto alla seconda parte del film, un tono nettamente melodrammatico. Ne consegue che all'ultimo film di Wajda è molto più facile aderire col cuore che non con la mente.
Se con L'uomo di marmo, ma anche con Senza anestesia il regista polacco faceva del cinema politico, qui fa del cinema militante. L'uomo di ferro non può essere giudicato senza tenere conto di quell'attualità della quale tratta. E un film concepito col tono del vincitore. Ed il solo fatto di sapere, a pochi mesi di distanza da quando il film uscl a Cannes che "Solidarietà"non ha ancora vinto conferisce a quel tono un fattore di emozione che ne falserebbe completamente l'analisi.
Un film che esaminato freddamente ricorre a dei procedimenti narrativi sommari o addirittura approssimativi: ma chi avrebbe il coraggio, in casi come questi, di discutere di procedimenti narrativi?